3..2..1..0..si parte. Lo Zero è il punto di partenza da cui deriva la molteplicità dei numeri, lo stato primordiale, il caos, la possibilità di essere ed esistere, l’essere in potenza.La sua forma rimanda alla figura geometrica del cerchio, simbolo per eccellenza di unità, complessità, compiutezza. Le estremità della linea continua che compongono il cerchio si ricongiungono annullandosi reciprocamente in una totalità indivisa, priva di spigolose opposizioni, interruzioni o cesure. I diversi punti che formano il cerchio sono equidistanti dal suo centro, che connette tra loro punti differenti. Ed è proprio con la disposizione dei partecipanti in cerchio, ognuno “in mezzo” all’altro, ciascuno in relazione con l’altro su un piano di parità, che Giovedì 16 Aprile 2009 si è aperto il primo dei 12 incontri formativi del corso “Educare al Sociale – maieutica reciproca, gestione e mediazione dei conflitti”, scelta metodologica indispensabile per rompere il muro che si frappone tra chi “trasmette” unidirezionalmente la conoscenza e chi la accoglie. L’assunto di base è che la conoscenza è ricerca e costruzione comune, all’interno di un cerchio comunicativo aperto e propulsivo che amplifica la consapevolezza collettiva ed individuale.
Il referente del progetto, Antonio Fiscarelli, ha illustrato ai partecipanti le tematiche e gli obiettivi del corso, cercando di organizzare e dis-piegare il caotico ma arricchente groviglio conoscitivo che ha generato la formula “educare al sociale”. Nietzsche sosteneva che bisogna ospitare il caos dentro di sé per partorire una stella danzante, intendendo il caos come apertura infinita di possibilità, scintilla luminosa che accompagna il momento-movimento creativo, costellazione di punti che si intersecano dentro un cerchio di fuoco. Il caos dunque è focolaio e potenziale creativo ed espansivo che trasforma la realtà sociale, all’opposto dell’ordine e della schematizzazione che tende invece a bloccare la realtà in schemi predefiniti. Se è vero che il troppo ordine causa morte per fossilizzazione, all’opposto però troppo disordine crea disintegrazione. Il caos è assenza di relazione tra fenomeni, cose, persone.L’attuale società caotica e disgregata, non più vissuta come un insieme coerente e unitario ma come un aggregazione frammentata di parti scollegate prive di un centro comune e di una progettualità condivisa, genera isolamento, esclusione, distacco dal contesto sociale, scoraggiamento diffuso, staticità, paralisi. Conoscere ed educarsi vuol dire orientarsi nel caos. In quest’ottica, “educare al sociale” significa rendere possibile esperienze di gruppo e di partecipazione nelle questioni urgenti della società, prendere parte attiva al processo partecipativo e trasformativo delle questioni sociali urgenti che accomunano tutti gli individui che, per quanto separati dai muri dell’incomunicabilità, dell’individualismo, della sfiducia ripiegata su se stessa, restano parte di un tutto inscindibile che è la comunità. Non si tratta solo di denunciare le questioni sociali irrisolte o di scambiarsi semplicemente informazioni, né si tratta di inculcare valori, idee, concetti preconfezionati ma di innescare processi di cambiamento, aprire nuovi scenari e percorsi, costruire nuovi ponti che creano un passaggio di stato, un mutamento. Educarsi al sociale significa autoeducarsi, tirare fuori il positivo che già c’è a partire dalle proprie competenze e dalla propria specificità, ridarsi voce e potere piuttosto che subire potere e informazione. Educazione informale ed autoeducazione sono la stessa cosa. Entrambe avvengono sul campo, insieme agli altri, partendo dalla vita quotidiana che pone continuamente quesiti e problemi che necessitano risposte ed azioni che si sedimentano nell’esperienza, che a sua volta diventa formazione, consapevolezza, autodeterminazione. Non basta soffermarsi sulla rielaborazione intimistica del problema che si presenta ma, come ha sottolineato Antonio Fiscarelli, dobbiamo domandarci e interrogarci ogni giorno, individualmente ma soprattutto collettivamente. Secondo Eraclito educare non è riempire un secchio, ma è accendere un fuoco, attivare cioè una mentalità interrogante che accende l’intuizione, espande la mente, mette a fuoco aspetti non ancora esplorati, apre nuovi scenari e mondi possibili. In questo senso l’ autoeducazione popolare, diventa quella fiamma che accende la consapevolezza, che apre la via, la rischiara, mette in cammino. E’ dunque ricerca, viaggio, metodo di vita, inteso nel suo senso etimologico: una via (odos) che conduce oltre (meta), in territori inediti, possibili, ancora sconosciuti. La strada che permette il passaggio dal caos individualistico alla coesione sociale va ricercata necessariamente nell’ “attraversamento” dell’ alterità, inteso come “esperienza” dell’Altro; è solo dall’ incontro-scontro fecondo con la differenza, infatti, che si partorisce una stella danzante. Non importa la strada che si intraprende, l importante è percorrerla insieme. Sulla linea del cerchio. Buon cammino in “corso”a tutti i corsisti!
Il referente del progetto, Antonio Fiscarelli, ha illustrato ai partecipanti le tematiche e gli obiettivi del corso, cercando di organizzare e dis-piegare il caotico ma arricchente groviglio conoscitivo che ha generato la formula “educare al sociale”. Nietzsche sosteneva che bisogna ospitare il caos dentro di sé per partorire una stella danzante, intendendo il caos come apertura infinita di possibilità, scintilla luminosa che accompagna il momento-movimento creativo, costellazione di punti che si intersecano dentro un cerchio di fuoco. Il caos dunque è focolaio e potenziale creativo ed espansivo che trasforma la realtà sociale, all’opposto dell’ordine e della schematizzazione che tende invece a bloccare la realtà in schemi predefiniti. Se è vero che il troppo ordine causa morte per fossilizzazione, all’opposto però troppo disordine crea disintegrazione. Il caos è assenza di relazione tra fenomeni, cose, persone.L’attuale società caotica e disgregata, non più vissuta come un insieme coerente e unitario ma come un aggregazione frammentata di parti scollegate prive di un centro comune e di una progettualità condivisa, genera isolamento, esclusione, distacco dal contesto sociale, scoraggiamento diffuso, staticità, paralisi. Conoscere ed educarsi vuol dire orientarsi nel caos. In quest’ottica, “educare al sociale” significa rendere possibile esperienze di gruppo e di partecipazione nelle questioni urgenti della società, prendere parte attiva al processo partecipativo e trasformativo delle questioni sociali urgenti che accomunano tutti gli individui che, per quanto separati dai muri dell’incomunicabilità, dell’individualismo, della sfiducia ripiegata su se stessa, restano parte di un tutto inscindibile che è la comunità. Non si tratta solo di denunciare le questioni sociali irrisolte o di scambiarsi semplicemente informazioni, né si tratta di inculcare valori, idee, concetti preconfezionati ma di innescare processi di cambiamento, aprire nuovi scenari e percorsi, costruire nuovi ponti che creano un passaggio di stato, un mutamento. Educarsi al sociale significa autoeducarsi, tirare fuori il positivo che già c’è a partire dalle proprie competenze e dalla propria specificità, ridarsi voce e potere piuttosto che subire potere e informazione. Educazione informale ed autoeducazione sono la stessa cosa. Entrambe avvengono sul campo, insieme agli altri, partendo dalla vita quotidiana che pone continuamente quesiti e problemi che necessitano risposte ed azioni che si sedimentano nell’esperienza, che a sua volta diventa formazione, consapevolezza, autodeterminazione. Non basta soffermarsi sulla rielaborazione intimistica del problema che si presenta ma, come ha sottolineato Antonio Fiscarelli, dobbiamo domandarci e interrogarci ogni giorno, individualmente ma soprattutto collettivamente. Secondo Eraclito educare non è riempire un secchio, ma è accendere un fuoco, attivare cioè una mentalità interrogante che accende l’intuizione, espande la mente, mette a fuoco aspetti non ancora esplorati, apre nuovi scenari e mondi possibili. In questo senso l’ autoeducazione popolare, diventa quella fiamma che accende la consapevolezza, che apre la via, la rischiara, mette in cammino. E’ dunque ricerca, viaggio, metodo di vita, inteso nel suo senso etimologico: una via (odos) che conduce oltre (meta), in territori inediti, possibili, ancora sconosciuti. La strada che permette il passaggio dal caos individualistico alla coesione sociale va ricercata necessariamente nell’ “attraversamento” dell’ alterità, inteso come “esperienza” dell’Altro; è solo dall’ incontro-scontro fecondo con la differenza, infatti, che si partorisce una stella danzante. Non importa la strada che si intraprende, l importante è percorrerla insieme. Sulla linea del cerchio. Buon cammino in “corso”a tutti i corsisti!
Anna la Cecilia
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