sabato 23 gennaio 2010

QUEL VUOTO DI NOIA GRANDE QUANTO UN BUCO NERO


La macchina del tempo avanza inesorabile, portando con sé gli anni, che invece scivolano via, come olio su un vecchio motore, lasciando tracce del passato che convivono coi segni del presente, nel loro mutismo decadente, tra polverose e roboanti urla infantili. L’imponente scritta “GIOVENTU’ ITALIANA” resiste all’usura del tempo, quasi come un monito di ferro, incrollabile memoria abbarbicata ai muri fatiscenti della palestra ex-Gil di Via Matteotti, un tempo fulcro della preparazione spirituale e sportiva della gioventù foggiana, seppur funzionale all’ideologia di un regime fortunatamente estinto. Oggi In totale stato di abbandono, il vecchio edificio storico è diventato ritrovo di “ragazzi di strada”, spesso identificati in “bande giovanili” dedite a varie forme delinquenziali. GIOVENTU’ BRUCIATA!” direbbero gli anziani che quella palestra l’hanno vissuta, in cerca di un ipotetico capro espiatorio dell’attuale degrado socio-urbanistico. Risalgono a poco meno di un mese, infatti, gli ultimi episodi vandalici di una lunga serie protratta nel tempo che va dai muri imbrattati alla facciata anteriore perennemente murata e puntualmente distrutta, dai falò appiccati all’interno della struttura alle indecenti condizioni del cortile sepolto dalla spazzatura. Ma esiste davvero un unico colpevole? O forse questi manifesti comportamenti distruttivi messi in atto dalle nuove generazioni non sono altro che il sintomo più evidente di un disagio sociale più ampio, che esprime la mancanza di un vero senso di appartenenza alla propria città, di un vuoto di noia grande quanto i buchi neri nei muri e nel tessuto sociale? I ragazzi si sentono quasi autorizzati ad infierire su un bene che la Città ha dimenticato, come un rimprovero emesso nel linguaggio primordiale della violenza. Come una denuncia inconsapevole verso quegli adulti che hanno dimenticato il loro bisogno di socializzazione e limitato le loro opportunità di espressione, che non possono certo ridursi a quattro calci rabbiosi dati al pallone per strada. Tutto ciò fa sì che una struttura potenzialmente utile alle necessità della città che la contiene rappresenti, per assurdo, un potenziale costante pericolo per i ragazzi che la frequentano abitualmente e che, coscientemente o incoscientemente, ne rivendicano la proprietà. Posta tra il Centro per Anziani “N.Palmisani” ed il I Circolo Didattico “N. Parisi”, nel cuore antico della città, per la sua strategica collocazione mediana, opportunamente ristrutturata, potrebbe invece rappresentare un perfetto collante tra anziani, bambini e famiglie, il pezzo mancante di un puzzle raffigurante una perfetta ”isola sociale” che consenta l’interazione/integrazione tra la “gioventù”di ieri e quella di oggi.

Anna la Cecilia

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