Qui di seguito la favola ideata dal G.A.A.S. per la "Giornata delle Associazioni", manifestazione conclusiva della Raccolta Fondi relativa al progetto "Un Euro per Parco San Felice", tenutasi lo scorso 13 Giugno 2010. La favola ha fatto da sfondo ai laboratori per bambini che hanno piantato nel parco "fiori nuovi", realizzati con cannucce, cartoncino e stecchini di legno per spiedini. All'interno di una cornice spirituale di convivialità fraterna laicamente intesa come creatività progettuale, in cui tutta la città si è raccolta per far rinascere a nuova vita il polmone verde della città, ci piace citare Danilo Dolci, il poeta della maieutica, che in un suo dattiloscritto scrive "La giustizia di Gesù non è quella che incarcera il pover’uomo che, per sfamarsi con la famiglia, coglie alcuni grappoli d'uva dalle vigne di un feudo. E' la giustizia che costruisce le condizioni per cui ognuno possa sbocciare e, attraverso il proprio impegno, fiorire creatura irripetibile. La sua città già qui ed ora è impegnata a costruire nuova terra e nuovo cielo. Non tende ad essere l’omile ammorbato dai propri rifiuti, il luogo dello spreco, delle chiacchiere e del fumoso rumore, ma il luogo dell'incontro per valorizzare chi ha saputo guardare, chi cerca leggere nei volti degli alberi, dei fiori, dei semi, nei volti della gente più diversa (ogni volto esprime una vita ma risulta anche espressione di altri volti e di altra vita, risulta parabola); l'incontro di chi sa leggere nelle semine come nel volo degli uccelli, sa leggere su quali terreni si può fabbricare e su quali terreni si può seminare; il luogo dell'incontro di chi cerca vedere, e nel silenzio meditare, pure quanto l'occhio nudo non raggiunge. Una città dove i bambini possano esprimersi e siano rispettati, non scandalizzati e in infinite forme violentati - ove la scuola non atomizzi massificando. Non l'omile che aumenta le proprie dimensioni come una cisti presuntuosa e lussuosamente parassita, o predatrice, della campagna. Non l'omile in cui le folle ammassate, frastornate, per difendersi si ottundono incallendo le proprie percezioni, ma una città-territorio in cui il sociale comprenda non solo coloro che lavorano direttamente o indirettamente nella terra con la terra, ma anche animali, alberi e erbe, anche laghi e monti: verso la città terrestre. "
C’era una volta, ai tempi dei tempi, una piccola Lumaca che si chiamava Va…lentina. Viveva in un grande parco pieno di fiori colorati ed alberi da frutto.
Ogni mattina si metteva la sua casa in groppa e faceva lunghe passeggiate sull’erba alla ricerca di foglie da mangiare. Era ghiotta di foglie di fico, fragola e ciliegio. Non aveva mai conosciuto i suoi genitori ma era felice cosi perché aveva tanti amici e non si sentiva mai sola. Valentina infatti aveva un giardino immenso di amici: Fiorella, Margherita, Violetta, Rosa, Papavero, Tulipano, Iris e tanti altri. C’era la famiglia Abete, che ogni anno a Natale organizzava una grande festa all’aperto nel parco, poi c’era la famiglia Salice Piangente che era un po’ triste e nessuno sapeva il perché ed ancora c’era la famiglia Pino che aveva due bambini, Pigna e Pinolo. La lumaca Valentina era diversa da tutte le altre lumache del parco, che non sopportavano il sole e se ne stavano nascoste nei posti più umidi e bui. Passeggiavano soltanto di notte o dopo una grande pioggia. Lei invece amava trastullarsi al sole e veder luccicare dietro di sé la sua scia bavosa. Quando dopo tanto cammino arrivava finalmente al Parco Giochi si divertiva ad arrampicarsi sullo scivolo arrugginito, a dondolare sull’altalena rotta e a salire sulla rete sfilacciata dell’adiacente campo da calcetto. - “Chissà chi è stato a realizzare nel parco queste costruzioni” – pensava tra sé e sé Valentina - “Sarà stato Pan, il dio del parco…la vecchia Quercia mi ha detto che costruì il parco in 2 giorni ed il terzo si riposò….forse ha costruito lui le altalene e gli scivoli per riposarsi….”.
Tra un dondolo e l’altro si domandava se la leggenda degli Uomini Bruti che le aveva raccontato la sua amica Nella la Coccinella fosse vera o solo un brutto scherzo per farla diventare paurosa e chiusa come le altre lumachine. Secondo la leggenda un tempo il parco era abitato dalla Compagnia dei Gentili, uomini educati e amorevoli che amavano intrattenersi a giocare, correre o passeggiare nel prato, leggere libri sotto l’ombra degli alberi, fare picnic o pisolini sull’erba, parlare con fiori, alberi e foglie sotto il cielo stellato. Una sera d’estate furono tutti rapiti dalla Banda dei Vandali Bruti, uomini sgarbati e selvaggi che, dopo aver distrutto il parco giochi, l’anfiteatro ed il campo da calcetto, dove grandi e piccini si intrattenevano piacevolmente, trasformarono i Gentili in Salici Piangenti. Ma quello che più intimoriva Valentina era la parte finale della storia. La sua amica, raccomandandole di mantenere il segreto, le aveva confidato che secondo la leggenda gli uomini Bruti sarebbero tornati di nuovo, questa volta per distruggere il parco.
- “Io sono fiera di essere come sono, non mi farò certo intimorire da una simile stupidaggine” -pensò, mentre un brivido sulla schiena fece tremare come un terremoto la sua piccola casa a chiocciola.
Un giorno come tanti, mentre prendeva il sole stesa su una foglia, vide il cielo oscurarsi ed una grande ombra alzarla dal terreno.
- “Mi stanno rapendo gli ufo!!!”- Pensò, gridando aiuto, agitando le antenne spaventata.
Era pur sempre una lumaca, intelligente ma un po’ lenta a capire. In realtà quell’ombra nera che l’aveva rapita non era un alieno ma era la mano grossa e rozza di Barbaro, il capo della Banda dei Bruti. I Vandali erano tornati. La leggenda non era una favola inventata da Nella, era una storia vera. Fece appena in tempo a ricordarsi delle parole dell’amica che venne trasformata in un’automobile grintosa e velocissima. Le altre sue amiche lumache vennero strappate dalle loro tane e trasformate in un esercito infinito di macchine aggressive e fumanti. Improvvisamente l’erba si seccò, caddero i frutti e le foglie dagli alberi che furono tranciati e lasciati cadere al suolo, i fiori appassirono chinando mestamente il capo in giù. Panchine, parco giochi e campo da calcetto furono distrutti. La sua amica Nella e le altre coccinelle divennero grigi palazzi brutti e tetri. Dal giorno dell’incantesimo, nel parco, per lunghi anni, regnò una grande tristezza. Gli uccellini non cinguettavano più, i fiori e gli alberi non coloravano né profumavano più il parco. Si udivano solo il rombo fumante e aggressivo delle automobili e le urla sgraziate e sguaiate dei Vandali uscire come fetide eruttazioni dai finestrini delle macchine e dalle finestre dei palazzi. L’ aria era diventata irrespirabile. Gli Uomini Bruti erano i padroni supremi del parco, che nelle loro mani era diventato un letamaio sporco e degradato. Un bel giorno Felicetta, la Fata Verde dell’Erbetta, lesse sulla “Gazzetta Ecologica” che il Parco era stato invaso dai Vandali e con la sua bicicletta magica si precipitò sul luogo rompendo l’incantesimo. “ Abracadra trallallero trallallà via i vandali da qua”, urlò la fata alzando al cielo la sua bacchetta magica. In un battibaleno i fiori e gli alberi tornarono sorridenti, retti e fieri, così alti e felici da toccare il cielo con un dito. Le lumachine uscirono dall’ombra e si misero a seguire Valentina senza temere più il sole. Gli uomini Bruti furono trasformati in giochi nuovi per bambini. Anche gli uomini Gentili tornarono a popolare il parco, che fu felice di avere come amici i bambini e le famiglie, che da allora si presero cura del parco, piantando fiori nuovi ed innaffiando l’erba ogni giorno.
Era il 13 Giugno dell’anno della Lepre e fu una grande giornata di festa: gli alberi giocavano e cantavano con gli uomini Gentili, le foglie e l’erba si divertivano con i bambini facendo loro il solletico per vederli sorridere, le coccinelle saltellavano allegre ed anche il vento si mise a fischiettare e a far danzare i fiori. Il parco era tornato felice come un tempo, anzi di più, e da allora per ringraziare Felicetta gli uomini Gentili chiamarono il parco “Parco San Felice”, in onore della Fata che aveva liberato tutti dal nefasto sortilegio. Ancora oggi in quella data c’è qualcuno che vede i fiori e le foglie danzare, mentre una donna dai lunghi capelli verdi canta con i bambini la melodia del vento.
Tra un dondolo e l’altro si domandava se la leggenda degli Uomini Bruti che le aveva raccontato la sua amica Nella la Coccinella fosse vera o solo un brutto scherzo per farla diventare paurosa e chiusa come le altre lumachine. Secondo la leggenda un tempo il parco era abitato dalla Compagnia dei Gentili, uomini educati e amorevoli che amavano intrattenersi a giocare, correre o passeggiare nel prato, leggere libri sotto l’ombra degli alberi, fare picnic o pisolini sull’erba, parlare con fiori, alberi e foglie sotto il cielo stellato. Una sera d’estate furono tutti rapiti dalla Banda dei Vandali Bruti, uomini sgarbati e selvaggi che, dopo aver distrutto il parco giochi, l’anfiteatro ed il campo da calcetto, dove grandi e piccini si intrattenevano piacevolmente, trasformarono i Gentili in Salici Piangenti. Ma quello che più intimoriva Valentina era la parte finale della storia. La sua amica, raccomandandole di mantenere il segreto, le aveva confidato che secondo la leggenda gli uomini Bruti sarebbero tornati di nuovo, questa volta per distruggere il parco.
- “Io sono fiera di essere come sono, non mi farò certo intimorire da una simile stupidaggine” -pensò, mentre un brivido sulla schiena fece tremare come un terremoto la sua piccola casa a chiocciola.
Un giorno come tanti, mentre prendeva il sole stesa su una foglia, vide il cielo oscurarsi ed una grande ombra alzarla dal terreno.
- “Mi stanno rapendo gli ufo!!!”- Pensò, gridando aiuto, agitando le antenne spaventata.
Era pur sempre una lumaca, intelligente ma un po’ lenta a capire. In realtà quell’ombra nera che l’aveva rapita non era un alieno ma era la mano grossa e rozza di Barbaro, il capo della Banda dei Bruti. I Vandali erano tornati. La leggenda non era una favola inventata da Nella, era una storia vera. Fece appena in tempo a ricordarsi delle parole dell’amica che venne trasformata in un’automobile grintosa e velocissima. Le altre sue amiche lumache vennero strappate dalle loro tane e trasformate in un esercito infinito di macchine aggressive e fumanti. Improvvisamente l’erba si seccò, caddero i frutti e le foglie dagli alberi che furono tranciati e lasciati cadere al suolo, i fiori appassirono chinando mestamente il capo in giù. Panchine, parco giochi e campo da calcetto furono distrutti. La sua amica Nella e le altre coccinelle divennero grigi palazzi brutti e tetri. Dal giorno dell’incantesimo, nel parco, per lunghi anni, regnò una grande tristezza. Gli uccellini non cinguettavano più, i fiori e gli alberi non coloravano né profumavano più il parco. Si udivano solo il rombo fumante e aggressivo delle automobili e le urla sgraziate e sguaiate dei Vandali uscire come fetide eruttazioni dai finestrini delle macchine e dalle finestre dei palazzi. L’ aria era diventata irrespirabile. Gli Uomini Bruti erano i padroni supremi del parco, che nelle loro mani era diventato un letamaio sporco e degradato. Un bel giorno Felicetta, la Fata Verde dell’Erbetta, lesse sulla “Gazzetta Ecologica” che il Parco era stato invaso dai Vandali e con la sua bicicletta magica si precipitò sul luogo rompendo l’incantesimo. “ Abracadra trallallero trallallà via i vandali da qua”, urlò la fata alzando al cielo la sua bacchetta magica. In un battibaleno i fiori e gli alberi tornarono sorridenti, retti e fieri, così alti e felici da toccare il cielo con un dito. Le lumachine uscirono dall’ombra e si misero a seguire Valentina senza temere più il sole. Gli uomini Bruti furono trasformati in giochi nuovi per bambini. Anche gli uomini Gentili tornarono a popolare il parco, che fu felice di avere come amici i bambini e le famiglie, che da allora si presero cura del parco, piantando fiori nuovi ed innaffiando l’erba ogni giorno.
Era il 13 Giugno dell’anno della Lepre e fu una grande giornata di festa: gli alberi giocavano e cantavano con gli uomini Gentili, le foglie e l’erba si divertivano con i bambini facendo loro il solletico per vederli sorridere, le coccinelle saltellavano allegre ed anche il vento si mise a fischiettare e a far danzare i fiori. Il parco era tornato felice come un tempo, anzi di più, e da allora per ringraziare Felicetta gli uomini Gentili chiamarono il parco “Parco San Felice”, in onore della Fata che aveva liberato tutti dal nefasto sortilegio. Ancora oggi in quella data c’è qualcuno che vede i fiori e le foglie danzare, mentre una donna dai lunghi capelli verdi canta con i bambini la melodia del vento.
Anna la Cecilia